Analisi “Sillabe di Seta” di Emily Dickinson

Sillabe di Seta

Sillabe seta Emily Dickinson
“Sillabe di seta” di Emily Dickinson

Titolo: Sillabe di Seta

Autore: Emily Dickinson

Genere: Poesie

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Quarta di Copertina

Emily Dickinson (1830-1886) nacque e morì ad Amherst (Massachusetts), dove visse nella grande casa paterna, la Homestead, in reclusione volontaria dal 1866. Il “caso” Emily Dickinson deflagrò nel 1890, con la pubblicazione di un volumetto di poesie che ebbe un successo straordinario. È una poesia assertiva, lucida, dura, quella di Emily Dickinson, che inquieta e incanta il lettore. Ed è un personaggio fuori dal comune, quello di Emily Dickinson, che scelse una vita di solitudine e isolamento, non volle lasciare traccia pubblica di sé e tenne le proprie poesie nascoste nel cassettone della camera da letto, da dove furono recuperate solo dopo la sua morte. Fu uno spirito ribelle e determinato, capace di decidere a trent’anni di vestirsi solo di bianco e di chiudersi in casa, per tutta la vita. Di lei come persona si sa pochissimo, ma per lei parlano i suoi versi, enigmatici, scarni, che suscitano stupore e curiosità, ammirazione e inquietudine. Lettrice onnivora, assetata di conoscenza, austera e insieme sensuale, sapiente nel coniugare la cultura con una sensibilità ricca e complessa e con una limpida intelligenza, Emily Dickinson ci consegna una poesia modernissima, non smette di risvegliare domande e attenzione nei lettori.

(Quarta di copertina scritta dalla Feltrinelli)

Discussione

Recensire una raccolta poetica nella sua interezza è un compito quasi impossibile. Una poesia singola è perfettamente analizzabile, ma parlare di tutte le poesie in poche parole è complicato. Ci sono alcune poesie che mi hanno scavato il cuore: bellissime, perfette e che mi hanno fatto innamorare di nuovo della poesia. Ce ne sono altre che, forse, ancora non ero pronta a leggere; altre a cui non ho dato importanza e magari le apprezzerò in futuro; altre ancora che rimarranno con me per tutta la vita: dimenticherò le parole ma non le sensazioni che mi hanno lasciato. La lettura della poesia è un atto molto intimo. Si può riconoscere un’oggettiva bravura, cosa che faccio anche con i romanzi che, nella lettura, non mi hanno entusiasmata.

Per capire queste poesie bisogna partire dal suo fulcro: Emily Dickinson. Un personaggio affascinante e fonte di alcuni contraddizioni, come può esserlo la sua poesia. Una donna che scelse la reclusione nelle mura di casa e, più tardi, nelle mura della sua stanza. Tra i vicini divenne quasi una leggenda: nessuno vedeva mai la donna in bianco sempre chiusa nella casa, al punto da non uscire nemmeno al funerale del padre. Il suo isolamento fisico non precludeva la partecipazione intellettuale ed emotiva del mondo che la circondava. Numerose sono le sue corrispondenze epistolari e sapeva essere attiva anche nella vita cittadina, come il suo prendersi cura dei bambini. Era il nume tutelare della casa. Come cuoca era strepitosa e il suo giardino era rinomato per la sua bellezza. Giardino che purtroppo non ci è possibile vedere più ma che possiamo immaginare attraverso le testimonianze di chi lo ha visitato. E le sue poesie forse nascono dalle piante quando, regalando dei mazzetti di fiori, allegava delle poesie ai destinatari.

La natura è un tema ricorrente della sua poetica, al punto da incarnare veri e propri simboli. La vitalità della natura, si avvicina morbosamente al tema della morte. Emily era ossessionata e spaventata dalla morte dei suoi cari e dei suoi amici, al punto che lei stessa testimoniò come alcune scomparse intaccarono sensibilmente il suo stato d’animo. La sua poesia è intrisa di angoscia e di morte ma non è mai una rassegnazione completa. Anche nel fondo dell’abisso, un po’ come succede per la Woolf, c’è una luce che, velata, permea la sua scrittura. Quando contattò per la prima volta Higginson, critico letterario che aveva scritto un articolo nel “The Atlantic Monthly”, chiese se la sua poesia fosse viva. E la sua poesia è viva nonostante parli di morte, perché solo il vivo può ancora parlare della morte. 

Emily era una donna molto istruita. Studiò all’Amherst Accademy, che aveva aperto l’istruzione per le donne da poco tempo, e per poco nel Mount Holyoke Female Seminary. Leggeva molto, nonostante in una lettera a Higginson disse che suo padre le portava dei libri, ma la pregava di non leggerli, perché temeva che potessero sconvolgerle la mente. Aveva anche una conoscenza della letteratura contemporanea, lesse per esempio Jane Eyre. Un importante contributo alla sua influenza letteraria furono diversi tutori, uomini di cultura con cui scambiava lettere e che sapevano consigliarle un poeta, uno scrittore, ampliando così la sua conoscenza.

Appena una dozzina delle sue poesie furono pubblicate in vita. Poesie, tra l’altro, pesantemente modificate per adattarle al gusto dell’epoca: punteggiatura, titoli, versi riscritti. Nessuno tra i suoi cari aveva idea del tesoro letterario che custodiva. Tesoro riscoperto alla morte dalla sorella Lavinia e che creava un ponte ormai tra il gusto romantico e la poesia del novecento. Alla pubblicazione, il successo fu enorme ma non poche furono le critiche. A creare scalpore era la forma della poesia, specie le sue irregolarità. Con il tempo e con il recupero degli originali, gli studiosi riconobbero in Emily Dickinson una delle maggiori poetesse della storia americana. L’irregolarità stessa della sua poesia apriva le porte alla poesia moderna, fino a soppiantare completamente la vecchia scuola.

La sua reclusione potrebbero far pensare a una vita non vissuta. Ma come si può scrivere certe cose senza aver vissuto? Un paradosso, come lo è la sua esistenza. Il suo escludersi non è mai stato un allontanamento dal mondo. E questo lo testimoniano le sue lettere, le sue letture e le sue poesie. Così come per la vita, oscuro è il suo rapporto con l’amore. Non si sposò mai, né lasciò, se non raramente, la casa paterna. Ma questo ascetismo non si identifica in un disgusto verso l’amore: l’amore si riversava in ogni suo gesto. Un altro mistero interessante è quello dei “Master poems”. Molte poesie sono dedicate a un misterioso “Master”. Molti si sono adoperati per capire chi fosse, anche i familiari. Alcuni studiosi credono invece si tratti di una sorta di musa a cui la poetessa chiedeva ispirazione e riversava il suo amore. Qualunque sia la verità, Emily è la prova di come si possa amare con dei sentimenti profondi e immortali.

C’era un’energia incomprensibile in lei. Quando Higginson la vide dal vivo per la prima volta, raccontò di come si fosse sentito prosciugato delle energie in sua presenza, pur senza toccarla. Quella energia che assorbiva forse la tramutava tutta in poesia. E lei ha vissuto, nella sua stanza, una vita piena da osservatrice attenta e scrupolosa. Chiudendosi ha saputo essere aperta e innovativa. Forse non si sarebbe mai immaginata che, alla sua morte, sarebbe diventata così conosciuta. Avrebbe raggiunto l’immortalità dopo aver sempre temuto la morte.

Questo interesse profondo, nella lettura di sillabe di seta, mi ha portato a scrivere un excursus veloce sulla sua poetica che tanto mi ha affascinata. In futuro mi piacerebbe poter provare ad analizzare alcune delle sue poesie.

Hai mai letto qualcosa di Emily Dickinson?

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