Questa storia partecipa a “Il club di Aven” . Il tema era scelto da On Rainy Days: “Pericolo”. Ps. Esisteva anche un secondo tema scelto da Aven, ma era molto complesso. Spero in futuro di poter scrivere un racconto ispirato dalla sua traccia.
Non avevo molto tempo per scrivere un racconto, né avevo qualche bella idea. Ci tenevo comunque a partecipare, quindi ho descritto una situazione e una sensazione di pericolo. Magari prima o poi amplierò questo racconto 🙂
Non sapevo più distinguere il giorno dalla notte, né un’ora dall’altra. Non sapevo per quanto tempo fossi stato intrappolato in quella gabbia. La cosa certa è che avevo desiderato con tutto me stesso di scappare. Non appena dentro, allontanatasi la mia aguzzina, avevo provato di tutto. Era stato vano. Non ricordavo nemmeno il motivo preciso per cui fossi dentro. Non avrei saputo nemmeno dire bene chi fossi. Quello che ricordavo era una figura di spalle, un profilo di donna, che si era allontanata dalla gabbia e non era più tornata. Avevo fame, avevo sete e non dormivo. Avevo la constante sensazione che sarebbe ritornata, che avrebbe finalmente messo il punto alla frase che aveva rimandato.
Avevo poco tempo per preoccuparmi su chi fossi. Né mi chiesi se era giusto o ingiusta la mia prigionia. Sentivo strisciare dentro di me il desiderio primordiale di sopravvivere e di riconquistare la mia libertà. Per tutto il tempo che rimasi lì, nessuno venne a portarmi del cibo. Iniziai a pensare che aveva deciso di lasciarmi morire di inedia. Non ero più uomo, ero bestia. Niente poteva aiutarmi a liberare dall’interno ma stavo affinando i miei sensi. Mi trovavo al chiuso: tutto era buio. Eppure in lontananza sentivo suoni selvaggi di bestie che ululavano. Il buio dispiegò le sue ombre e mi permise di delineare le sbarre, il pavimento e delle scale davanti a me. La stanchezza ancora non era riuscita del tutto a stroncarmi ma preservavo le energie. Forse, se quella donna misteriosa avesse notato che fossi rimasto accasciato a terra, sarebbe venuta a dare il colpo di grazia e in quel momento avrei potuto sopraffarla per uscire di lì. Le mie speranze furono vane. Appena sentivo un rumore fuori dal consueto, mi raggomitolavo in un angolo e cercavo di usare il buio a mio vantaggio: ero sicuramente più abituato di chiunque potesse venire lì dentro. Nel delirio che mi conquistava, non pensai nemmeno a come potessero portare delle torce che mi avrebbero accecato.
Così infatti avvenne. Non avevo sentito rumori ma la stanza si illuminò di luce e fui costretto a ripararmi con le mani, entrando nel panico. Sentii i passi ma fu altro a folgorarmi.
Alice Jane Raynor’s “Un sentore” is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License
Da incubo!! Ma bello, brava! 😉 Buona serata 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie ^^ Buona serata a te!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie! 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
Il componimento nella sua interezza mi è piaciuto. Ho apprezzato il mistero che nasconde, la sensazione di pericolo incombente del prigioniero. Mi ha solo un po’ perplesso il finale. Sembra quasi che lui stia raccontando da un ipotetico futuro e si perde un po’ il fatto che non si sappia se sopravviverà o no. Per il resto è davvero un ottimo lavoro.l
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie anche per questo commento ^^ Sicuramente riprenderò anche questo e lo rielaborerò in seguito. Purtroppo ci tenevo molto a partecipare ma il tempo è tiranno!
"Mi piace""Mi piace"
No, adesso voglio sapere cos’è che l’ha folgorato!! Ho bisogno di sapere come continua, sul serio!
Bravissima, comunque. Il senso di pericolo si sente tantissimo, insieme all’incertezza delle sue condizioni, nonché dei dubbi su se stesso, e mi ha colpito come comunque riesca a definirsi in base a ciò che non conosce.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie ^^ probabilmente amplierò anche questo 😛
"Mi piace""Mi piace"