Jean Valjean ed Edmond Dantès: i due galeotti illuminati da Dio

Jean Valjean ed Edmond Dantès: i due galeotti illuminati da Dio

Sala12RaffaelloColore[1]

Parlare in poche righi di due personaggi così grandi nella letteratura sarà un’impresa: cercherò di fare del mio meglio!

Jean Valjean (protagonista di “I Miserabili” di Victor Hugo) e Edmond Dantès (protagonista di “Il Conte di Montecristo” di Alexandre Dumas père) sono personaggi che per certi versi hanno tra loro molte somiglianze ma percorrono due sviluppi molto differenti, rispecchiando i gusti dei due diversi autori.

Entrambi passano molto tempo in carcere a causa dell’ingiustizia sociale. Il primo per furto di cibo al fine di sfamarsi, il secondo per gelosia della sua rapida scalata al successo sociale. Sono entrambi degli innocenti che finiscono per essere dei misantropi rispetto a una civiltà che li ha ritenuti più colpevoli dei colpevoli. Se in Hugo lo sviluppo è più realistico e la condizione di Jean denuncia alla perfezione il pregiudizio e l’emarginazione sociale di alcuni individui, in Dumas l’evasione del suo personaggio assume toni favolistici: Edmond non è un “miserabile”, non come lo intende Hugo almeno. Edmond soffre ma non nello stesso modo realistico in cui soffre un Valjean.

Entrambi sono esseri “soprannaturali” dopo la prigione: sono dotati ad esempio di una grande forza fisica. Se in Valjean però la cattività serve per farne una bestia a livello di sentimento (odio, disprezzo…), in Dantès serve a farne quasi un vampiro (vede al buio, acquista una conoscenza “universale” grazie a Faria…). Anche Valjean ha una misera istruzione ma i due scrittori distanziano nettamente i loro due personaggi e le esperienze simili sono vissute ed elaborate in modo diverso. Valjean rimane sempre un personaggio molto realistico e presente a se stesso, Dantès – il futuro Conte di Montecristo – perde i suoi contorni in una figura fiabesca e irraggiungibile. E’ iconico per capire questo che Jean ha un proprio inizio e una propria fine nella narrazione, il Conte di Montecristo invece viene cristallizzato nella sua forza e finisce per perdersi nella leggenda.

Entrambi ricorrono a un cambio d’identità e di un tesoro. Jean Valjean è un uomo che si fa da solo, pur non potendo competere con tutte le conoscenze del Conte lui solo si costruisce la sua fortuna come Monsieur Madeleine. Cambia identità per poter sfuggire alla sua discriminazione di galeotto e fuggire dallo spettro del suo passato: l’incorruttibile Javert. Dantès gestisce moltissime personalità per portare avanti i suoi affari, ammantarsi nel mistero e per portare avanti la sua vendetta. Lui non guadagna il suo tesoro, lo ottiene come “eredità” ma il suo modo di fare fortuna, almeno iniziale, è per pura fortuna. Non è un uomo che si è fatto da solo e inoltre non deve fuggire da nessuno: è lui che perseguita gli altri. Lui ha vissuto in reclusione ma non è stato condannato ai lavori forzati: forse questo e la sua condizione sociale precedente non lo trascinano mai completamente in uno stato bestiale. Jean Valjean invece è sempre umiliato e non ha nulla a cui aggrapparsi, non fino alla comparsa dell’arcivescovo di Digne, forse è lui il suo “tesoro”.

Entrambi vengono “illuminati da Dio” anche se ognuno dei due prende una diversa interpretazione del Dio cristiano: uno il Dio misericordioso e generoso, l’altro il Dio provvidenziale e punitore. Jean Valjean conosce il significato della miseria e cerca di far felice chiunque con le sue fortune. L’arcivescovo di Digne lo ha salvato dal suo stato “animale”, ha compreso di non dover odiare e si ritrova legato a una via del bene in cui i candelabri d’argento gli illuminano la via. Dantès invece incarna la giustizia, forse troppo severa e personale, tanto che a un certo punto si lascia troppo trasportare dagli eventi ed è costretto a fermarsi e valutare ciò che ha fatto: capisce in fondo di essere un uomo tra gli uomini. L’abate Faria non ha saputo insegnargli la clemenza e in questo senso è forse proprio Dantès a rimanere più bestiale di Valjean. Lui è nella parte del giusto, il lettore parteggia per lui ma è inevitabile pensare che il suo comportamento sia drastico e duro. E’ una vendetta che chiunque vorrebbe portare avanti contro chi ci ha fatto del male. Dumas però alla fine ci mostra anche la desolazione di quella scelta e ci fa riflettere sulla violenza contro l’altro per quanto ci abbia fatto del male.

Sono due personaggi magnetici che rappresentano due mondi, pur parlando dello stesso periodo storico: uno quello del disagio e della povertà, l’altro un mondo di sfarzo e di apparenza. Colpiscono ognuno a proprio modo e si rimane annientati da personalità tanto potenti che hanno lasciato un segno indelebile nella letteratura di tutti i tempi e soprattutto in quella francese.


 

Approfondimenti

Analisi su “Il Conte di Montecristo” di Alexandre Dumas père


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11 risposte a "Jean Valjean ed Edmond Dantès: i due galeotti illuminati da Dio"

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  1. Splendido articolo, complimenti! Dei due libri che presenti, ho letto solo i Miserabili, e non posso che condividere con te il parere su Jean Valjean. Non posso dire nulla, invece su Edmond Dantès, perché non ho ancora letti Il Conte di Montecristo, sebbene mi proponga da tempo la lettura. Grazie per i tuoi articoli sempre interessanti! 😉
    Ti auguro una buona serata! 😉

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    1. Ti ringrazio per il tuo parere 🙂 è bello sentirsi dire di essere riusciti in quella che per me era una “sfida”. Leggi il Conte di Montecristo, secondo me è una lettura che merita! Sul blog devo aver fatto anche una recensione al riguardo.
      Buona serata a te!

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  2. Ho trovato semplicemente adorabile ed anche particolarmente elegante dal punto di vista dell’analisi concettuale, la tua idea di mettere assieme nella stessa disamina letteraria due personaggi così emblematici ed importanti della letteratura contemporaneamente alta e popolare.
    L’influenza che le due opere, l’una di Victor Hugo e l’altra di Alexandre Dumas, hanno avuto sulla letteratura mondiale del resto dell’800 ed anche dei secoli successivi è impressionante e senza ombra di dubbio buona parte della fama queste due opere la devono proprio alla creazione di quei due personaggi così iconici e carismatici, come hai giustamente scritto tu.
    Se infatti da un lato moltissimi grandi romanzi europei hanno ripreso ed ampliato le trame di Hugo e Dumas, dall’altro il cinema è rimasto praticamente da subito letteralmente folgorato di fronte al fascino di quelle due figure protagoniste indiscusse dei due romanzi e che tu hai tratteggiato qui.

    Il tuo è un articolo che si lascia bere tutto di un fiato, ti affascina e ti arricchisce culturalmente come una delle tue esibizioni al pianoforte: il bisogno austero di essere da parte tua esaustiva e precisa si sposa benissimo con il fascino romantico del tuo apprezzamento per quei due caratteri che emerge da ogni tua frase.
    Ancora tanti complimenti.

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