Danzatori nell’Oscurità – Parte VII

«C’è qualcosa che mi attira» disse Haydèe «nel suo sguardo magnetico come ghiaccio. Forse ha qualcosa da raccontare, forse i suoi occhi sono testimoni di una storia muta, nascosta nel suo animo. Mi rilasso e i miei occhi si appoggiano curiosi, volando avanti e indietro, come un uccello dei boschi che osserva curioso l’oggetto dei suoi interessi. I miei modi acquistano allegria e se mi fosse possibile parlerei, lo persuaderei a parlare e lo condurrei per mano a narrarmi del suo abisso, per affrontarlo finalmente senza timore. Vi è una sorta di vergogna, un pudore che mi impedisce di chiedergli di mostrarmi il suo lato oscuro. Forse perché so quanto costi e non saprei se sarei la prima a fidarmi, se me lo chiedessero»
«Vi è una sorta d’intesa» disse Lysandre «qualcosa che non saprei bene descrivere. Ѐ come se le nostre due anime si siano incontrate e si siano protese una verso l’altra, per confortarsi. Ogni contatto è una scarica di consapevolezza e fa tremare come foglie al vento i fragili corpi. Ora si sono ritirate e ognuno sente la mancanza dell’altra, di quel contatto che le aveva unite nella diffidenza e poi nella comprensione. Mi ritiro lentamente e senza più saluto mi perdo nella brughiera»
«Rimango immobile, quando l’altro si allontana» disse Haydèe «e la mia voce era nulla per richiamarlo e so di aver perso un’occasione, un amico, un qualcuno che potesse ascoltare i miei pianti sommessi e le mie risate profonde. E ormai l’attimo e passato e più indietro non posso sperare di tornare. Sono fiduciosa. Ci rincontreremo e ci squadreremo con fierezza dall’alto di due rupi opposte. E allora forse perverremo al nostro io più incontaminato e selvaggio, inchinandosi uno alla vicendevole grandezza. Siamo due creature potenti, appartenenti a due mondi diversi e che sapremo di non doverci mai scontrare e forse mai nemmeno aiutare, se non con quello sguardo che vigila sulle azioni dell’altro. Sento che l’incantesimo si scioglie appena si perde nell’orizzonte e solo allora posso alzarmi, muovermi e riprendere a danzare per una via senza nome, fiduciosa che mi condurrà in qualche luogo. E forse mi pare proprio di seguire un dolce canto che sgorga dal cuore»
«Non vedo altro che un buio senza orizzonte» disse Dmitrj «e sono inquieto. Ho bisogno di salire le scale di corsa e di sentirmi leggero, come se mi stessi librando in volo. I piedi volano soli e i miei pensieri cercano di stare al passo del mio corpo. Guardo con attenzione il pianoforte. Lì, lucido e nuovo in questa stanza spoglia, smembrata dell’intonaco e silenziosa. Mi avvicino lentamente, come se profanassi un tempio. Ho timore che quella stanza precaria crolli, che venga sommerso non appena sfiorerò un tasto. Ne ho paura, lo guardo con ricordi lontani, come se mi suggerisse tutt’altro. Bramo suonarlo e al contempo vorrei fuggire lontano. Mi irrita quella lucentezza, quel magnifico coronamento in mezzo al disastro. Forse starebbe bene lì, senza che nessuno lo facesse più cantare. Ho paura di intaccare la perfezione e di insudiciarlo con le mie dita tremanti»

Danzatori nell’Oscurità – Parte VIII

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Alice Jane Raynor’s “Danzatori nell’Oscurità” is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.

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