Ospite a “Oggi Con Noi” Aurelio Adriani
Per la rubrica: “Oggi Con Noi” diamo il benvenuto ad Aurelio Adriani
Ciao Aurelio e grazie per aver aderito all’iniziativa di Passione libro in gemellaggio con leinfiniteviediunaautrice di Eleonora Panzeri e Alice Jane Raynor. Direi di non perdere altro tempo e iniziare subito con le domande.
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Com’è nato il tuo romanzo, e soprattutto da cosa trai le maggior ispirazioni?
Premetto che della mia opera non si può parlare di romanzo né di racconto in senso stretto. Infatti è troppo lungo per essere un racconto e contestualmente troppo breve per essere un romanzo.
BUIO risale al lontano 1996 quando mi trovavo in una delle missioni di pace cui ho preso parte negli anni e l’ispirazione nacque così spontaneamente di punto in bianco. Sembrerà strano, ma la prima descrizione che faccio in apertura del prologo è esattamente quello che ho provato la sera in cui ho deciso di tornare a scrivere dopo tanti anni. Una sera, prima di andare a dormire, mi ritrovai in mezzo alla mia stanza traguardando oltre la finestra aperta di fronte a me da cui potevo vedere le montagne ed un bosco che le ricopriva. Contestualmente, dietro di me era aperta anche la porta sul corridoio ed in quel momento si creò una corrente d’aria che mi accarezzò dolcemente il viso e li scoccò la magia. Sentii impellente il bisogno di descrivere quel momento magico, di fissarlo sulla carta, quasi nella consapevolezza che sarebbe andato a far parte di qualcosa al di là di quelle semplici sensazioni. Sentivo che quella descrizione si sarebbe andata ad intrecciare con tutta una rete di eventi e cominciai subito a buttare giù un canovaccio sulla trama, rimanendo sveglio tutta la notte a scrivere.
In generale le idee per le mie opere nascono da situazioni reali, da sensazioni intense che mi stimolano a costruirci su una storia oppure anche da frammenti di sogni, quando riesco a ricordarli ovviamente.
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In che luogo e periodo è ambientata la tua storia?
In realtà luoghi e tempo sono di pura immaginazione, anche se per le ambientazioni mi sono ispirato ai panorami della mia terra d’origine: la Puglia.
Dotter Hill sembra ricordarmi le colline dell’entroterra murgiano, frastagliate da boschetti e pendii erbosi che dalle mie parti sono all’ordine del giorno.
Posso comunque affermare che la storia di Buio si dipana ai giorni nostri.
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Cosa rende speciale il tuo personaggio? Cosa lo contraddistingue dagli altri?
Dave Ethan, questo il suo nome, è un biologo che fugge dalla città per tornare alla pace delle sue colline natie, nella vecchia casa degli Ethan ed affrontare una volta per tutte le sue paure e ricomporre i vuoti di memoria del suo passato per vincere una volta per tutte la sua atavica paura del buio e del boschetto che si erge di fronte a casa sua.
La sua particolarità è quella di essere benvoluto dagli abitanti della zona cui fa da medico condotto e la grande forza interiore che gli permette di non cedere alla enorme pressione che la sua fobia e il dolore per eventi tragici vissuti negli anni continuano a fare, soprattutto nei lunghi momenti di silenzio e solitudine “bucolica”.
Nonostante tutto Dave riesce a condurre una vita il più possibile somigliante alla normalità, anche se in cuor suo sa che l’unico modo per mettere ordine e acquisire la serenità interiore è vincere la sua fobia e fare luce sulle sue amnesie.
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Quali sono i punti di forza del tuo romanzo e i temi che tocca?
Questo lo lascerei dire ai lettori, come già hanno fatto alcuni,ma se dovessi dire ciò che io credo sia il punto di forza del mio racconto, credo che sicuramente direi che è la suspense e i colpi di scena. Su di me (che conoscevo la trama) ha fatto molto effetto questa combinazione, al punto che io stesso mi sono immedesimato nel lettore e mi sono ritrovato sbalordito di comprendere cose che, seppure presenti per tutta la durata della storia, solo alla fine si ricompongono per dare un quadro completo ed… Beh non voglio rovinare la sorpresa a chi non ha ancora letto Buio.
Le tematiche, come ho accennato prima parlando di Dave Ethan, si incentrano su dissidi interiori e sulla voglia di raggiungere, da parte del protagonista, una serenità che solo il vincere le proprie fobie e paure potrà dargli. Ma per arrivare a ciò, il percorso sarà irto e pieno di rivelazioni e colpi di scena.
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Self o casa editrice? Parlaci delle tue esperienze in merito?
Premetto che prima di arrivare alla pubblicazione di BUIO ci ho riflettuto un po’ (20 anni!!). I motivi sono svariati. Innanzitutto quando scrivo lo faccio per mio piacere personale. Per me è un modo di far vivere una emozione intensa ed incastonarla tra le parole per vederla prendere forma in situazioni e vicissitudini intrecciate. Mi piace poi andare a rileggere quello che ho scritto e rivivere quelle emozioni, ripensando a ciò che le ha procurate… è una forma di ‘puntatore’ in informatica: una singola informazione che se cliccata apre tutta una serie di altri dati che altrimenti non sarebbero accessibili e che occuperebbero eccessiva memoria se non compattati in quel modo…
Ma tornando a noi, scrivendo per me stesso e mettendo in ogni mio elaborato me stesso, ho sempre avuto timore di mettere in pubblico ‘le mie cose’, non per paura delle critiche, ma per una questione di intima gelosia delle proprie fragilità, seppure romanzate e non riportate come sono. Poi, col tempo, quando ho fatto leggere qualcosa ai miei amici e parenti, mi sono reso conto che in realtà solamente io so cosa c’è dietro ad ogni parola scritta e che le emozioni che arrivano al lettore sono dirette nella loro essenzialità filtrata e poi attecchiscono ai differenti vissuti di chi legge. Quindi ho pensato di “buttarmi” a pubblicare. Il primo problema che ho affrontato è stato che mezzo adottare (cartaceo, e-book?) e come procedere. Innanzitutto ho registrato in Siae tutti i miei scritti. Poi ho mandato in visione un po’ di materiale a casa editrici famose da cui ho ricevuto la risposta che lasciava intendere ‘non sei nessuno – non ci interessa – le faremo sapere’. Contestualmente ho però cominciato a ricevere (ancora oggi avviene) lusinghiere sfilze di complimenti e frasi di interesse alle mie opere, solo che poi alla fine delle telefonate o delle e-mail ricevute c’era la classica proposta di pubblicazione in cui io avrei pagato le spese della stampa, acquistando un tot di copie per me, e loro avrebbero fatto il resto…
Alla fine ho deciso di non spendere una lira, mettere a disposizione di chi veramente ha voglia leggere i miei racconti un prodotto revisionato, impaginato ed illustrato da me e possibilmente in modo gratuito (solo che per ora questo non mi è stato ancora possibile): il mio interesse è quello di poter regalare emozioni e non di guadagnare vendendo libri.
Per Buio ho abbracciato il self-publishing in e-book con Amazon in formato Kindle, con tutti i pro (economicità, personalizzazione e flessibilità) e i contro (mancanza di una vera e propria campagna di marketing, bacino di utenza ristretto e impossibilità di regalare copie a mia discrezione). Ma per i prossimi che sto per pubblicare approfondirò ancora di più la materia. Resta il fatto che non ho bisogno di plausi altisonanti per essere più soddisfatto di quanto non lo sia già di me stesso.
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Perché pensi che le persone dovrebbero leggere il tuo libro?
Credo che chiunque abbia avuto paura del buio e di ciò che esso nasconde, soprattutto se si tratta del buio interiore che ci prende quando eventi spiacevoli nelle nostra vita ci lasciano crateri profondi ed insondabili che è difficile rimarginare senza un lavoro interiore e, a volte, di accettazione di ciò che si è a dispetto di ciò che si vorrebbe essere o che gli altri volessero vedere in te.
Ecco, Buio in poche pagine compie uno degli infiniti viaggi che si possono fare per conoscersi meglio e soprattutto aprire vasi di pandora che altrimenti resterebbero chiusi, condizionando il nostro “qui ed ora”.
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Piccolo estratto.
PROLOGO
La porta era spalancata e la finestra sul retro anche.
Le tendine a fiori fucsia della finestrella ondeggiavano mosse dal vento, mentre la loro luminosità veniva assorbita dal buio spugnoso al di là dei vetri.
Sin da bambino quel boschetto gli aveva incusso terrore di notte, ma quella sera sembrava avesse centuplicato il suo potere ipnotico su di lui.
Nulla di strano circondava quella casa sperduta sulle montagne e fra i boschi, se non quel gruppetto di aceri e pini le cui foglie, mosse dal vento e buttate nelle tenebre, provocavano quel suono stupendo e terribile allo stesso tempo. Sentiva l’alito della natura soffiargli sul collo ed attraversargli il cuore, gelandolo a fondo e stimolando la sua fervida fantasia.
Era solo.
Era rimasto vedovo per cause ed in circostanze che nessuno sapeva, ma si vociferava fossero così strane da non essere narrabili. E tutto per colpa dei tronchi e delle foglie di quel boschetto a cinquanta metri da casa sua. Nessuno in paese osava indagare ed il solo pensiero di andare a fargli visita, come spesso succedeva per via delle sue conoscenze in campo medico, tremavano e rabbrividivano.
Non che Dave fosse un uomo dall’aspetto poco presentabile, anzi, i suoi 38 anni li portava benissimo, anche se le prime rughe accanto ai suoi occhi lasciavano sgorgare i suoi trascorsi, mentre il suo passato ne rimarcava i bordi. Sentiva quell’aria, quel fresco autunnale che gli mormorava all’orecchio e quando il crepitio della legna nel camino lo distoglieva dal quel suo assaporare il timore della natura, subito una foglia scrosciava sulle altre già morte e lo riportava in quella ipnosi sulla soglia di casa.
Il buio.
Non c’era altro che il buio, ma i suoi occhi penetravano quel nero come tante volte avevano fatto ed immaginava ogni singolo rumore che udiva, come fosse avvenuto durante le ore diurne e ricostruiva nella sua mente tutta la scena che ora poteva solo udire.
Immaginava quei rami flessibili e freschi che si carezzavano l’un l’altro, inseguendosi nel vento e seminando i loro gialli germogli per lasciare poi il posto ad un raggio di sole che baciava i funghetti. Era una calda, rustica scenetta di campagna che racchiudeva in sé quella semplice poesia che era il ciclo della vita.
Ma quella notte no. Non riusciva a pensare al sole e alle foglie che facevano a gara per toccare il muschio prima di un rametto, inutile e secco, spezzato dal soffio del dio dei venti.
In mezzo a quel vento la sua ombra non vacillava, anzi, sputata dalla luce da dentro la cascina, si ergeva nera e tetra, immobile alle frustate che l’erba, un po’ alta intorno alla testa, sferzava su di lei mossa dal vento.
Oltre alla luce e a quel buco a forma di uomo, null’altro c’era se non la tenebra oscura, massaggiata dal vento e nutrita dal nulla.
Dave era lì immobile, quasi aspettasse che qualcuno arrivasse, quasi cercasse una luce nel buio, pronto a tagliare quel nero minaccioso e invadente che avrebbero osato sconfinare in quel suo regno di luce.
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Trama del tuo libro
Quando Dave, biologo dai trascorsi tormentati, torna a vivere nella casa della sua infanzia vede riemergere vecchie paure ed inquietudini che una parte di lui aveva dimenticato. Quel boschetto dietro casa ha sempre evocato in lui angoscia e terrore, quel buio che cela tra le fronde lo assilla e confonde come quando era bambino. Ma il buio non è solo tra gli alberi, no, quel buio Dave se lo porta dentro, insieme alle tante tragiche perdite, insieme ad uno stato di costante diversità. Cosa cela quell’oscurità così terribile?
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Intervista a cura di Tranquilli Maria Donata
Grazie di tutto
Aurelio
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